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INTERVISTA A GIANLUCA

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Gianluca Lo Maglio è un infermiere di 32 anni che lavora in sala operatoria presso il Policlinico San Martino di Genova dal 2016. Durante il periodo della pandemia ha prestato servizio presso la rianimazione e nei reparti Covid ad alta intensità.

  1. Come ben sappiamo la pandemia ha coinvolto tutti, ma le persone che sono state più a rischio sono le persone che lavorano nell’ambito della sanità. Tu come l’hai vissuta? Quali sono state le paure più grandi? Quali sono stati i momenti di maggior sconforto?
    "Personalmente il Covid ha avuto un grande impatto sia a livello professionale che emotivo; il carico di lavoro è aumentato molto a causa dell'elevato numero di ricoveri e della complessità della malattia, soprattutto durante la prima ondata. Emotivamente sono stato messo a dura prova dal numero dei decessi; nonostante nella nostra professione in parte ci si prepari ad affrontare anche la morte, questa pandemia ha sconvolto il nostro modo di lavorare, costringendoci ad affrontare di turno in turno un numero insostenibile di vittime, ogni giorno e per mesi. Molto spesso mi sono sentito impotente e mi è sembrato di trovarmi in uno scenario di guerra. I momenti di maggior sconforto sono stati quelli in cui ho assistito alle telefonate a figli o nipoti prima dell'intubazione, telefonate che molto spesso si sono rivelate ultimi saluti."

  2. Mettendo a paragone la prima ondata, dove non ci si aspettava quest’epidemia e non si avevano sicurezze su nulla e la seconda ondata: secondo te si è più organizzati per quanto riguarda la sanità, nonostante la scoperta di nuovi varianti a cui non si è mai abbastanza preparati?
    "La seconda ondata per quanto riguarda la mia esperienza, non è stata meno grave della prima. Le decisioni politiche legate alla tanto attesa ripartenza post lockdown, qualche volta si sono rivelate troppo frettolose ed hanno alimentato nuovi focolai e contagi. Il nostro carico di lavoro in termini di accessi in ospedale non ha subito sostanziali modifiche tra prima e seconda ondata, solo la ricerca farmacologica e l'esperienza hanno fornito una marcia in più per permetterci di uscirne."

  3. Pensi che da questa esperienza l’Italia abbia imparato qualcosa e in futuro se dovesse ricapitare un’epidemia della quale non si è preparati, si riuscirà a reagire in modo migliore?
    "Questa pandemia ha sicuramente cambiato le nostre vite, modificando abitudini e stili di vita; il sistema sanitario italiano è molto forte anche se spesso fatichiamo a riconoscerlo. Tutta Europa ha guardato con rispetto e stima come abbiamo affrontato la pandemia e come stiamo cercando di uscirne. Non so dire se saremmo pronti in futuro ad affrontare una nuova pandemia facendo memoria di questa; l'uomo troppo facilmente dimentica sforzi e sacrifici del passato. Speriamo di non dover più affrontare eventi come questo."

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